La creatura uomo e la legge morale ( Antonio Contri - Christianismus)


ESITI NEGATIVI DELLA CIVILTA’ OCCIDENTALE MODERNA


Avvertenza
Questa trattazione è ricavata principalmente da un’equilibrata antropologia filosofica, come è concepita da un uomo che usa rettamente della ragione, qualche spunto però è assunto dall’antropologia teologica, come è ricavata dalle fonti cristiane.

Per sollecitare la riflessione

C’è una domanda fondamentale in antropologia: l’uomo è creatura in relazione o assoluto chiuso nel suo isolamento? Nel pensiero classico si riteneva che Dio, “assoluto” per definizione, conosce sempre verità e produce immancabilmente il bene. Sant’Ambrogio scrive: “Tutto quello che è buono è divino e tutto quello che è divino e è buono”. Ciò deve essere oggi attribuito all’assoluto che è l’uomo? Libertà e amore possono essere presentati come assoluti, cioè non bisognosi di regola che provenga da altri, dalla natura, dalla storia?
Un’altra domanda spesso opposta a chi vuol riconoscere dei limiti dell’uomo: la religione e la morale sono la negazione di quella struttura essenziale dell’uomo che è la libertà? Ogni conoscenza rende buoni e l’unico “peccato” è l’ignoranza? La libertà dell’uomo conduce sempre alla pienezza dell’autorealizzazione? Il Cristianesimo è presentato spesso come ciò che sacrifica la nostra sete di conoscenza e di amore.
Quale antropologia è più vera? L’uomo è un tubo digerente, o prodotto di un’evoluzione cieca, o un pozzo profondo di istinti deterministici; oppure un Io pensante che sente la fisicità come una zavorra? O piuttosto è il “sinolo” (dal greco: intero) uno, indiviso, benché esistente in dimensioni distinguibili, di cui parlano i migliori pensatori?

NB. Si noterà che in questo percorso facciamo riferimento alle principali “proprietà trascendentali dell’ente” secondo San Tommaso, che lo qualificano come unum, bonum, verum.

Cambiamenti del “paradigma di pensiero”

Nello splendore dell’Umanesimo rinascimentale (ad esempio in Pico della Mirandola), l’uomo è visto come sereno partner di Dio. Il principio antropologico dominante è quello stesso del Medioevo: nulla vi è di assoluto nella creatura. In quella filosofia di sintesi, superando l’affermazione agostiniana “Ego animus”, San Tommaso enuncia la formula unitaria “Anima forma corporis”.
Interviene poi la separazione cartesiana tra cosa fisica e cosa pensante, col seguito di pensatori che faranno il tifo per la prima oppure per la seconda. In quella culla risuonano i primi vagiti del pensiero che riconoscerà nell’Io  la misura, se non addirittura il costitutore, dell’intera realtà.
            La corrente principale dell’Illuminismo con simpatie deistiche concepisce l’uomo come un naturale rivale di Dio, che viene ridotto alla figura del grande Orologiaio. Uno solo è il fondamento della realtà (non più chiamata creazione): l’uomo. Ciò che interessa al pensatore è soltanto l’uomo: Dio o non esiste o non è utile per l’umana realizzazione. E’ esclusa qualsiasi comprensione o norma che viene da una persona trascendente.
Secondo questa visione della realtà e della storia, le due principali forme espressive specifiche della persona umana, conoscenza e amore, assumono immancabilmente e in ogni caso valore positivo e il loro percorso storico è orientato infallibilmente verso la massima espressione del vero e del bene.
            Viene poi il trionfo del nichilismo con Nietzsche che, contrapponendo la dimensione dionisiaca (forza istintiva) all’apollinea e dichiarando il predominio schiacciante della prima sulla seconda, distrugge definitivamente l’unità della persona umana.

L’esito negativo è questo: la negazione del rapporto genetico con Dio creatore e la riduzione a inconsistenza della nostra dimensione naturale più specifica sono segni inequivocabili che l’essere limitato “uomo” non capisce più se stesso. Non sappiamo da dove veniamo, chi siamo e dove siamo diretti. Il soggettivismo individualista e libertarista che esclude la responsabilità e la solidarietà è più congeniale a un computer che a una “persona”.

Correnti devianti

Esiti devianti di quell’Illuminismo sono due correnti di pensiero e di vita che escludono la figura di Dio.

1 – Razionalismo esasperato
La ragione individuale è un assoluto quasi divino: la Dea Ragione. L’uomo si dà ragione di tutto: è infatti un assoluto

2 – Romanticismo esasperato
Il sentimento individuale è un assoluto: l’uomo può fare della sua vita psicofisica ciò che vuole.

Tra l’epoca prima di Cristo e la nostra non è cambiata la configurazione del peccato “originale” dell’uomo: è sempre l’idolatria. Nell’Antico Testamento (vedi la seconda parte di Isaia) questa è l’adorazione di un idolo di legno o di pietra, che è solo un’immagine del dio; oggi è rappresentata dalla pretesa che ha l’uomo di essere Dio (Genesi 3,5), mentre la Bibbia gli riconosce solo la dignità di immagine di Lui (Genesi 1,26s).

Conseguenze delle due correnti nella storia moderna e contemporanea

1 – L’uomo non riconosce la sua creaturalità, il suo limite esistenziale. Il nichilismo e l’agnosticismo conducono all’esisto dell’assurdo; per questa impostazione culturale il futuro è il Nulla

2 – L’uomo non riconosce pienamente la pari dignità dell’altro, né confessa la sua personale fragilità; né accetta un qualsiasi limite morale. L’edonismo e il pansessualismo idealizzano il piacere; questa impostazione fa conto solo del presente

Esiti negativi di questa “filosofia” di vita

Vogliamo prendere in considerazione la concreta situazione attuale per vedere se questi principi siano frutto di scelta negativa precostituita del pensatore cristiano. Nell’ampio spettro delle scelte morali assumiamo come modello il riferimento alla morale dell’amore.
Sono possibili deviazioni nelle due tendenze umane fondamentali: conoscere e amare
Se guardiamo la storia umana senza pregiudizi ideologici, constatiamo che queste due dimensioni fondamentalmente buone e positive dell’agire umano non di rado possono condurre all’autodistruzione dell’uomo e a disgregare la comunità umana
Alcune correnti di pensiero prospettavano per la società nuova atea o agnostica un “paradiso” di conoscenze, di benessere, di concordia universale, di condotta morale sempre positiva.

1 – Tendenza a sviluppare la conoscenza, la scienza e le applicazioni tecniche

Nella storia del pensiero troviamo correnti del nichilismo, dell’assurdo totale, della decisa eliminazione dei valori specificamente umani. Troviamo guerre, uso di mezzi di distruzione di massa, demolizione o deterioramento della natura fisica. Le splendide conquiste dell’informatica possono tradursi in strumenti che incrinano l’etica della persona, della libertà, della politica, dell’economia.

2 – Tendenza al benessere, al soddisfacimento dei “bisogni” psichici e fisici dell’individuo

La felicità, che è la meta di ogni vita umana, è ridotta meschinamente a benessere fisico. Il dono dell’amore può essere ridotto all’egoismo del piacere fisico isolato dal contesto umano. Il piacere ad ogni costo può portare all’uso devastante dei narcotici, del superetilismo…L’amore può diventare violenza, schiavizzazione e “cosificazione” dell’altro, sfruttamento. La carenza di ideali alti e nobili esclude dalle aspettative l’accettazione di eventuali e sempre possibili sacrifici. I rapporti col partner, improntati a un  “presentismo” preoccupante, non giungono ad estendersi ai periodi di dolore, di bisogno, di vecchiaia. Con la conseguenza della progressiva demolizione della famiglia, dell’educazione dei figli, della stessa società civile (e religiosa).
            Se qualcuno ci chiede perché l’ideale di presentismo-attualismo di connotazione’esistenzialista è da considerarsi una soluzione fallace, rispondiamo che l’uomo è oggettivamente un esistente “storico”, che l’individuo viene da una tradizione e cammina verso un futuro. Altrimenti questi sarebbe simile a un viaggiatore nel Sahara sprovvisto di bussola.

Aspetti emotivi e valoriali per una comprensione antropologica dell’amore

Oggi si prospettano due modelli opposti per la declinazione dell’etica:
-         modello individualistico e utilitaristico, che considera qualsiasi regola come una negazione della libertà e della felicità;
-         modello relazionale-dialogico personalistico che vede la strada per raggiungere l’unità della persona nell’ottenimento della sintesi tra amore e sessualità, tra dono totale di sé e soddisfacimento della pulsione naturale.

La relazione amorosa, che è propria dell’uomo; si regge sue due colonne:
-         donarsi e ricevere in dono;
-         lasciarsi amare e amare.

L’amore umano deve riprodurre la struttura globale dell’uomo e la visione totale dell’etica

L’amore, dimensione che esprime meglio la vita dell’essere umano, è una realtà complessa, costituita da parti indivisibili, che si devono mantenere sempre in equilibrio. Non si può escludere la spiritualità dell’amore, ma neppure la sua fisicità. Guai se la pesantezza della dimensione dionisiaca schiaccia la compresente dimensione apollinea.
La sessualità umana non è spiegata con la sola finalità generativa, ma nemmeno con la sola unitiva. L’amore non deve tradursi in un fatto chiuso ermeticamente nei penetrali della coppia. Le regole morali non ostacolano l’uso della genitalità perché ritenuta “impura” (concupiscentia, come purtroppo si è pensato nei secoli), ma rivelano la preoccupazione che questo dono divino possa tradursi praticamente in violenza sull’altro o in oltraggio alla natura specifica dell’uomo. Nessuno vorrà dire (chiariamoci con un esempio) che l’elettricità è un’invenzione diabolica perché sulle torri metalliche c’è scritto “Chi tocca i fili muore”.
All’accusa di nullificazione della libertà, rispondiamo quindi che le norme morali sono date per due motivi:
-         per proteggere la vitalità dell’amore dalla disintegrazione della sua globalità, ossia della donazione totale (pericolo di svuotamento);
-         per evitare alla sua dimensione di nativa bontà di essere sopraffatta da infinite forme di violenza della passione (pericolo di sovraccarico).

Conclusioni

1 – In ordine alla “verità” e dignità dell’amore umano

Una razionale antropologia ci fa capire che l’amore tra uomo e donna:
-         (nell’ordine “personale”) comporta l’accettazione totale del partner
-         (nell’ordine fisico) comporta la donazione totale al partner
-         (nell’ordine “storico”) comporta la fedeltà totale al partner
-         (nell’ordine sociale) comporta la costituzione totale di una comunità di vita.
La donazione fisica al di fuori di queste “totalità” è la più ingannevole banalizzazione dell’amore e il tradimento della sua funzionalità procreativa ed educativa.

2 – In ordine alla “naturalità” della dipendenza (limite) dell’essere umano

Escludendo Dio, ci si preclude la comprensione vera dell’uomo e si ostacola la sua buona realizzazione. Perché sarà sempre facile raggiungere una duplice constatazione:
-         (per chi ragiona con la metafisica) che “la creatura senza il Creatore svanisce” (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes n. 36) come una struttura fondata sul nulla;
-         (per chi ha il dono della fede) che “solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo (….); Cristo (….) svela anche pienamente l’uomo all’uomo” (ibidem n. 22).

FUORI ONDA
Aggiungo la risposta data a un amico che, su mia richiesta, aveva avanzato delle cortesi osservazioni:
L'impalcatura è costituita dai principi filosofici validi sempre e dappertutto, ignorando i quali si cadrebbe nel relativismo. Il peggiore manicheismo, che si è scontrato col cristianesimo soprattutto nel II secolo, è quello di matrice gnostica che  identifica il bene con lo spirito e il male con la materia. Se per secoli lo abbiamo inconsapevolmente applicato (sulla scia di S. Agostino, che non se ne era del tutto purificato) alla morale, oggi si deve riconoscere che quell'antropologia l'abbiamo superata (pensa ai discorsi sul corpo che ha tenuto papa G. P. II nei primi anni del suo pontificato di cui ti posso dare i testi). L'amore vero si qualifica per la sua oblatività, nel senso che, se non applico il "voglio il tuo bene", corro il rischio di fraintendere il "ti voglio bene". Questa distinzione, data la nostra debolezza, è non facilmente e velocemente realizzabile in una visione antropologicamente cristiana dell'amotre umano. Ma "tutto io posso in Colui che mi dà la forza", come diceva S. Paolo (Fil 4,13).che pur aveva le sue tentazioni.