Paolo VI


L’AMICO DELLO SPOSO

PAOLO VI, MAESTRO E DISCEPOLO NELLO SPIRITO

Di Patrice Mahieu


Commento all’opera a cura di ENRICO TOMASI laico o.p.




L’AMICO DELLO SPOSO


Paolo VI non fu soltanto un pensatore profondo, acuto nell’analisi delle situazioni e geniale nell’ individuare prospettive e soluzioni.
Egli è stato un Papa del dialogo, che ha riflettuto sui problemi posti dalla modernità alla fede, dando prova di spiccata sensibilità nei riguardi delle inquietudini e delle attese dell’umanità nel nostro tempo.
Egli fu, anche prima di tutto, un papa di ricca spiritualità radicata in una fede e in un amore a Dio in grado eminente.
La sua era una spiritualità Cristocentrica: l’amore a Cristo costituì sempre l’orientamento fondante di tutta la sua esistenza.
L’amore al Cristo lo portò anche ad un tenero amore per la Madre di Cristo: un amore appreso e coltivato fin da bambino, quando frequentava il Santuario della Madonna delle Grazie.
All’ amore a Cristo e alla Madonna PaoloVI unì sempre l’amore per la Chiesa.
Giovanni Paolo I nel suo primo Angelus disse in modo semplice ma profondo queste parole: “ In quindici anni di pontificato, questo Papa, non solo a me ma a tutto il mondo, ha mostrato come si ama, come si serve, come si lavora e si patisce per la Chiesa”.
Una Chiesa amata fin all’ultimo come si espresse nel suo Pensiero alla morte”la Chiesa ..potrei dire che da sempre l’ho amata e che per essa, non per altro mi pare aver vissuto”.
Paolo VI seppe cogliere le inquietudini del mondo moderno e dell’uomo moderno, perché lo guardò sempre con gli occhi di Dio e lo amò col cuore di Dio.

INTRODUZIONE
L’autentico maestro spirituale mostra due qualità ad un grado superiore.
Innanzi tutto tutta la sua vita e la sua personalità sono completamente modellate dalla sua esperienza spirituale.
Poi la sua qualità indispensabile è un attitudine a trasmettere la sua autentica esperienza spirituale, lasciarle produrre dei frutti.

PRIMA PARTE
Il Mistero di Dio

L’uomo di ogni tempo e di ogni civiltà aspira a conoscere Dio: non smette di desiderarlo anche sotto qualsiasi ombra o deformazione.


CAPITOLO I°

Il Padre

 “ L’Eterno Padre…decise di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina” Lumen gentium, n.2

Dio parla a chi sa ascoltarlo.

Paolo VI parlava nella sua omelia della Epifania del 1975 da metafisico e da poeta della meraviglia di fronte all’essere, l’essere delle cose, l’essere dell’universo, prime traccie così tangibili di colui che né è il Creatore.
“Il meraviglioso spettacolo del panorama naturale, e possiamo aggiungere tutto il campo della creazione, il regno delle scienze, l’esperienza delle cose, la cosmologia, a chi bene le osserva sono già forme di linguaggio, mediante le quali Dio, principio creatore dell’ universo, parla a chi lo sa ascoltare “.
Parla di potenza, parla di sapienza, parla di bellezza, parla di mistero.
A ciascuno di noi è dato di sviluppare seguendo i meandri della propria esistenza, l’esperienza della presenza e dell’azione di Colui che è.
Negli anni 1930-1931 Monsignor Montini assistente ecclesiastico della FUCIpubblica nella rivista Studium, una serie di scritti aventi come titolo generale “Preghiera dell’anima”.
Conoscere tutto, conoscere Dio: questa è la vita, la vita vera eterna.
La formula prima e somma del nostro colloquio con Dio, come Cristo ci ha insegnato, dice Paolo VI, è il “Padre nostro”.
Dio è amore: è una verità vertiginosa che conduce all’estasi. “Dio mi ama! Dio è amore! Dio mi aspettava ed io l’ho ritrovato! Dio è misericordia! Dio è perdono! Dio è salvezza! Dio, si, Dio è la vita!
Paolo VI ci dice che il cristianesimo è Dio che ama in Cristo, e l’uomo che si sforza di rispondere.
Come si dice nel vangelo: “Così Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque creda in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna”.
E ricorda San Paolo che nella lettera ai Filippesi dice:” Siate sempre lieti nel Signore; lo ripeto siate lieti.”

CAPITOLO  II° 
Il Figlio

“ E’ venuto quindi il Figlio mandato dal Padre, il quale ci ha scelto in lui prima della fondazione del mondo”.
Lumen gentium, n.3

Il papato di Paolo VI è stato cristocentrico.
Cristo ha detto: “Chi vede me vede anche il Padre mio”. Cioè noi siamo autorizzati a scoprire Dio in Gesù.
E pregare vuol dire comunicare con Dio.
Il cardinale Martini, il suo secondo successore nella sede di Milano, scrive: “Come pochi tu sei riuscito-Paolo VI-a risvegliare nell’uomo d’oggi il brIvido del mistero e il senso della trascendenza. lo stupore per la singolarità dI Cristo, uomo e Dio, il sapore delle realtà sovraumane presenti nella umanissima vita della Chiesa.
Il giovane Montini scriveva nella rivista Studium: “Chi è il Figlio dell’uomo per la gente?”
Troppo speso questa domanda resta senza risposta. Senz’ altro perché -una risposta esatta - porta in sé delle conseguenze pesanti: coinvolge, infatti, tutta la nostra esistenza spirituale.
Paolo VI ai gruppi di giovani che riceve in udienza non smette di ripetere: “Andate incontro al Cristo, il Cristo vivo, la cui voce risuona anche oggi in modo autentico nella Chiesa.
Non fermatevi in superficie, ma andate oltre e raccogliete il messaggio, di cui la Chiesa è portatrice sicura, perché assistita dallo Spirito. Troverete in quel messaggio la risposta appagante ai vostri interrogativi e l’indicazione opportuna per dare senso e valore alla vostra vita.
Diceva Paolo VI che Cristo è necessario come Redentore per scoprire la nostra miseria morale e per guarirla. Per avere il concetto del bene e del male la speranza della santità .Cristo è necessario, o grande Paziente dei nostri dolori, per conoscere il senso della sofferenza per dare ad essa un valore di espiazione e redenzione.
Dice Paolo VI: “la croce è la stazione di arrivo, dell’infinito amore di Dio per gli uomini “.

Partecipare al sacrificio del Signore, al suo mistero di morte e resurrezione

Cristo è venuto per l’uomo. Cristo dimora con l’uomo. Quest’uomo creato libero da Dio, possiede però la capacità temibile di aprirsi o non aprirsi al Cristo, di cooperare o non cooperare alla propria salvezza.
Da Cristo viene la Chiesa e a Cristo la Chiesa va

Dice Paolo VI: “Se vogliamo comprendere la dottrina centrale del Concilio (…) dobbiamo tutto riferire a Cristo. Noi dicevamo che la Chiesa è, nel tempo, in continua costruzione.
Bisogna anche ricordare chi è il vero architetto, il vero costruttore. Gesù riferisce a se stesso questa perenne operazione” io costruirò”.


CAPITOLO III°
 Lo Spirito Santo 

Dice Paolo VI nella Lumen Gentium n..8 :“Lo Spirito Santo santifica continuamente la Chiesa affinché i credenti abbiano attraverso Cristo accesso al Padre.”
Grazie allo Spirito Santo la Chiesa è sorgente di luce.
Dice Paolo VI: “Se infatti la Chiesa, rigenerata dallo Spirito Santo, è in un certo senso la vera giovinezza del mondo-in quanto resta fedele alla propria realtà e alla propria missione- potrebbe non riconoscersi spontaneamente, in quanti si sentono portatori di vita e speranza, e impegnati ad assicurare il domani della storia presente?”
Lo Spirito Santo è il bisogno primario della Chiesa.
Lo Spirito Santo è anche l’anima della Chiesa; dalla sua presenza deriva quindi l’unità del corpo ecclesiale.
In un momento in cui l’unità della Chiesa si trova minacciata, specialmente dall’interno, Paolo VI ama tornare su quelle realtà della fede che niente o nessuno può dissimulare o occultare. Insiste sull’unità realizzata dallo Spirito Santo e sull’esistenza di un doppio legame: quello che unisce ciascun cristiano alla Santa Trinità e ai suoi fratelli.
Nell’Udienza generale del 12 ottobre 1966 Paolo VI afferma: “E’ nello Spirito Santo che si perfeziona la duplice unione: della Chiesa con Cristo e con Dio, e della Chiesa con tutti i suoi membri, cioè i fedeli. E’ lo Spirito Santo che vivifica mediante quell’ intima azione, che chiamiamo la Grazia, il corpo intero e le singole membra della Chiesa.”
A Pentecoste la Chiesa ha cominciato a vivere.


SECONDA PARTE

Vivere per Dio
“Dio ha convocato tutti coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace, e ne ha costituito la Chiesa, perché sia agli occhi di tutti e di ciascuno, il sacramento visibile di questa unità salvifica Lumen Gentium n.9.
L’appartenere alla Chiesa è cosa grande, è cosa misteriosa, è cosa felice, è cosa decisiva.
Dobbiamo ringraziare il Signore che ci ha chiamati a questa dignità, a questa fortuna.

CAPITOLO I°  
Dio viene a noi

“Cristo è presente com la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. E ’presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura”
Sacrosanctum Concilium, n.7

La missione della Chiesa consiste nel presentare al mondo la vita di Cristo.
Dice Paolo VI:” La Chiesa vive per l’infusione dello Spirito Santo, infusione che chiamiamo grazia, cioè è dono per eccellenza, carità, amore del Padre, a noi comunicato in virtù della redenzione operata da Cristo, nello Spirito Santo“

Il battesimo rende partecipi della vita di Cristo.

Ricordiamo l’invocazione lirica di Paolo VI del battesimo:” Come celebrare degnamente la tua bontà, o Signore, per essere io stato inserito, appena entrato in questo mondo, nel mondo ineffabile della Chiesa Cattolica.” Udienza generale, 18 aprile 1973

Nella costituzione apostolica Divinae consortium naturae, Paolo VI presenta
un analisi chiara e completa del sacramento della confermazione mettendo in risalto il suo legame con il battesimo e l’Eucarestia:
“La partecipazione alla natura divina, che gli uomini ricevono in dono mediante grazia di Cristo, rivela una certa analogia con l’origine, lo sviluppo e l’accrescimento della via naturale.
Difatti i fedeli, rinati nel santo battesimo, sono corroborati dal sacramento della confermazione e, quindi, sono nutrititi con il cibo della vita eterna nell’Eucaristia”
La confermazione è dunque il sacramento del testimone di Cristo.


CAPITOLO II° -
Dio ci trasforma-

Dice San Paolo in 1 Tess.1,2-3: “Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti, l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo davanti a Dio e Padre nostro.

La vita cristiana si sviluppa attraverso tre virtù teologali denominate come FEDE, SPERANZA E CARITA’

La Chiesa è madre e maestra di verità. La sua missione è di insegnare la verità ricevuta da Dio.
La Chiesa ha qualcosa da insegnare ch’è di sua propria competenza; ed è la verità religiosa.
E la fede è una risposta al dialogo di Dio, alla sua Parola, alla sua rivelazione. E’ il sì, che consente al pensiero divino d’entrare nel nostro.
 E siamo nella sfera dell’amore, se entriamo nella sfera della fede.
Dice Paolo VI nella Preghiera pronunciata il 30 ottobre 1968, Anno della Fede:
“O Signore, fà che la mia fede sia gioiosa e dia pace e letizia al mio spirito, e lo abiliti all’orazione con Dio e alla conversazione con gli uomini.
O Signore, fa che la mia fede sia umile e non presuma fondarsi sull’esperienza del mio pensiero e del mio sentimento; ma si arrenda alla testim dello Spirito Santo, e non abbia altra migliore garanzia che nella docilità della tradizione e all’autorità del magistero della Santa Chiesa.  Amen.”
Dice poi Paolo VI che a riguardo della speranza c’è una differenza a significativa fra il cristiano e l’uomo profano moderno: quest’ultimo è “uomo dai molti desideri  ”(…). L’uomo del desiderio cerca di abbreviare la distanza fra lui e i beni da conseguire; è l’uomo delle speranze a breve termine, le vuole presto soddisfatte.  Quelle sensibili, economiche e temporali sono più rapidamente raggiungibili, e perciò, presto esaurite, lasciano stanco e vuoto e spesso deluso il cuore dell’uomo (…)Il cristiano invece è l’uomo della vera speranza, quella che ambisce al raggiungimento del sommo bene,(Sant’ Agostino:”Tu ci hai fatto per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”) e che sa di avere al suo desiderio e al suo sforzo l’aiuto da quello stesso sommo Bene, che alla speranza infonde la fiducia e la grazia di conseguirlo.

Udienza generale, 27 maggio 1970.
Dice Paolo VI di ascoltare le effusioni di speranza irradianti dalla croce di Cristo. Prima speranza la misericordia, il perdono, la riconciliazione di Dio verso di noi. Come il peccato, ricordiamolo bene, è la prima e più grave nostra sventura, perché tronca il nostro rapporto con la vera vita, che è Dio, così la liberazione dal peccato è la prima e indispensabile nostra fortuna.
Ed è Cristo che con il suo sangue ha pagato per noi, ha riparato l’irrimediabile nostra maledizione e ci ha fatto
risorgere a nuova esistenza.
E poi ancora: ci ha insegnato il valore della sofferenza e la fecondità del dolore.
Raggiungiamo il cuore del dinamismo della speranza cristiana con la croce e la resurrezione: le due sfaccettature che costituiscono il Kerigma, il nucleo più antico e fondamentale di tutta la predicazione della Chiesa.
Paolo VI nella Allocuzione ai vescovi d’Inghilterra, 10 novembre 1977, diceva: “Nella carità e nell’umiltà, senza ansietà, senza compromessi verso la verità, fate tutto ciò che vi è possibile per portare avanti il piano di Dio che è di riunire insieme i figli di Dio che sono dispersi.”



CAPITOLO III° 
DIO accompagna la nostra vita
Il cristiano cresce grazie alla vita sacramentale e alle virtù sempre più forti, ma nella sua vita quotidiana quali sono gli atteggiamenti spirituali che guideranno la sua condotta?
Dice Paolo VI che la vita cristiana nel susseguirsi dei giorni, si nutre sempre di più della relazione con Dio che dovrà modellare, a poco a poco, ogni attività, ogni scelta, ma questa relazione si approfondirà con l’ascolto e la risposta interiore, in breve nello scambio della preghiera.
Molti hanno notato una profonda vita di preghiera in Paolo VI.
Oscar Cullman, interlocutore protestante molto ascoltato e osservatore al Concilio, dava questa testimonianza: “La sua elevata spiritualità anzitutto. Tutti coloro che hanno il privilegio di avvicinarlo in una udienza privata si sentono arricchiti dai momenti passati con lui.
Un non cattolico, a priori forse meno impressionato dalla sua alta carica, è particolarmente sensibile al solo irradiamento della sua spiritualità.
Qualsiasi conversazione con lui, anche su argomenti profani, suscita questa convinzione: è un uomo che prega.
Dice Paolo VI che bisogna che ciascuno impari a pregare anche dentro di sé e da sé. Un cristiano deve avere una sua preghiera personale.
La caratteristica intrinseca della preghiera cristiana è la fiducia.” Pregate e sarete esauditi”.
“La Chiesa vive e respira di preghiera: essa sa che quando due o tre sono riuniti nel nome di Cristo, Egli è presente in mezzo a loro; essa sa che lo Spirito accende ed infiamma la sua preghiera, perché viene in soccorso alla sua debolezza ”poichè noi non sappiamo né cosa si deve chiedere nella preghiera né come convenga chiederlo; ma lo Spirito in persona intercede per noi con gemiti ineffabili”.

Stabilire in Dio il fine dell’uomo e indicare come raggiungerlo è l’innovazione più risolutiva del vangelo

La preghiera sarà il soffio di vita che animerà l’esistenza cristiana e che le darà la sua unità.
Dice Paolo VI:” Per rinnovare il nostro patrimonio spirituale credo innanzi tutto che sia doverosa, in questo momento critico dell’evoluzione morale e civile del popolo italiano, un’azione di approfondimento spirituale. Non tanto abbiamo bisogno dI cose nuove, quanto di cose sincere, sentite, perfette. (….)
E l’altro aspetto di questa rinnovazione spirituale mi sembra appunto questo dovere di allargamento dei contatti benefici della vita cattolica alle immense zone di vita profana che la circonda. Approfondire e allargare.”
Discorso in Duomo per l’ingresso nell’Arcidiocesi di Milano, 6 gennaio 1955, in Rivista Diocesana Milanese, 1955.

E come la vita concreta può diventare autentica vita cristiana? Si tratta soprattutto di innestare il Vangelo in ogni ambiente della vita, del lavoro.
L’evangelo delle beatitudini, qualunque sia la situazione concreta è lo sfondo dell’ agire umano, e ad esso tutto deve essere confrontato.
Ma quale fu la linea spirituale raccomandata da Paolo VI e consigliata all’uomo del nostro tempo?
Si tratta di una mistica incarnata, dove l’esperienza del limite conduce all’esperienza della gioia di Dio.

Voi siete i fratelli di Cristo sofferente e con lui, se lo volete, salverete il mondo

Ogni vita umana comporta una parte di sofferenza, di fallimento, di oscurità, poiché questa è la condizione dell’uomo. Il cristiano non sfugge a questa realtà, ma in Cristo, la trasfigura, poiché unito all’uomo dei dolori, con la grazia di Dio, risponde all’invito di Dio che lo fa partecipare sempre più intimamente al mistero della Redenzione.
Il cardinal Montini, a Milano, così riassumeva semplicemente il suo pensiero: “La vita del cristiano deve sempre avere questa lampada accesa sopra di sé: la gioia.
Tutto deve svolgersi nel clima di una semplice ma serena pace, che parte dalla grazia di Dio, che consola le anime e le fa liete.
Vorrei domandarvi: avete mai incontrato un santo? E se l’avete incontrato ditemi: qual’è la nota caratteristica che avete trovato in quell’anima? Sarà una gioia, una letizia così composta, così profonda, così semplice, ma così vera”.
Omelia del lunedì di Pasqua, 9 aprile 1961.

I nostri amici, i santi: nostre guide e nostri compagni

Una personalità profonda è modellata da frequentazioni umane, ma anche spirituali, che tessono una rete di legami di comunione. Questo vale per gli amici che facciamo entrare nella nostra vita intima, e vale ancor di più per gli amici del cielo, che ci accompagnano attraverso la loro presenza, la loro intercessione, e il cui esempio esercita su di noi una forte attrattiva, più o meno consapevole.
E Maria non è forse lei che guida e riconforta ogni cristiano sul cammino della santità? E’ lei che insegna a vivere con Gesù al ritmo della sua presenza sacramentale, è lei che insegna come credere, sperare, soffrire ed amare!